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Augusto Toti

Augusto Toti Era nato a Lucignano il 29 luglio 1921.
Promosso sottotenente ai primi di agosto 1943 fu destinato al 43° reggimento fanteria a Fossato, e distaccato a Busca, in provincia di Cuneo.
L'8 settembre 1943 con lo sbandamento del suo reggimento tornò a casa dove giunse il 19 settembre 1943 con un abito borghese non suo, in brandelli, e con una valigia sulle spalle.
A Lucignano conobbe il maggiore Cesare Caponi, e con lui iniziò subito il lavoro per l'organizzazione di formazioni partigiane. Fu volontariamente latore un messaggio del comitato provinciale di concentrazione antifascista di Arezzo (con il quale si richiedeva d'urgenza il rifornimento, per mezzo di aerei, di armi e munizioni) al comando italiano ed ai comandi alleati, oltre le linee del fronte sud.
Partito dalla sua casa di Lucignano il 23 ottobre 1943, dopo un pericoloso e difficile viaggio, durante il quale venne varie volte alle prese con i nazi-fascisti, riuscì a raggiungere il comando italiano del fronte sud l'8 novembre 1943 e venne ricevuto dal capo ufficio operazioni del comando italiano e dal segretario particolare del maresciallo Badoglio, ai quali consegnò il messaggio che portava nascosto nel tacco di una scarpa.
Compiuta la missione, si arruolò nel 68° reggimento fanteria, 5a compagnia, divisione «Legnano» e nell'aprile 1944 passò al IX reparto di assalto con il quale prese parte ai combattimenti di Cassino, Balzo della Cicogna, Guardiagrele. Il 17 luglio 1944, (il giorno dopo la liberazione di Arezzo) mentre al comando di un nucleo di punta, compiva una importante operazione nei pressi di Bustica, venne gravemente ferito e dopo poche ore, spirò.

Il Tenente Colonnello Guido Boschetti, comandante del battaglione, inviò ai genitori di Toti una lettera nella quale scrisse: "II 17 luglio, alle ore 16,30 il IX reparto guadava il fiume Musone e si gettava all'assalto delle posizioni nemiche. Il vostro Augusto, mentre con il suo plotone mitraglieri appoggiava l'azione dei compagni, venne colpito da scheggia di granata e decedeva, assistito dal medico del battaglione e dal nostro cappellano, confermando fino all'ultima parola, la sua generosa anima di combattente e di italiano".