Dante Valobra
Cesare, Enzo, Sauro e Dante Valobra, nati a Firenze in una famiglia anti-fascista entrarono in contatto con Tristano Codignola, uno dei massimi esponenti azionisti della città, che all'otto di settembre li indirizzò verso il Mugello.
Di famiglia ebraica i Valobra avevano deciso di reagire alle persecuzioni e di combattere con le armi in pugno i nazi-fascisti.
Con i due fratelli Papini, Alfredo e Franco, che subivano come loro le conseguenze delle leggi razziali, si portarono a Luco di Mugello, poi a Ronta e infine a Gattaia dove vennero raggiunti dal distaccamento "Checcucci", partigiani di Sesto Fiorentino provenienti da Monte Morello (vedi Ceppeto).
Ma la durezza dell'inverno costrinse Dante Valobra, il più giovane dei quattro, a rientrare a casa. Cadde così assieme al padre nelle mani della Banda Carità che non esitò a torturarlo cercando di ottenere informazioni sui fratelli.
Nel frattempo Enzo e Sauro parteciparono al vittorioso attacco al presidio fascista di Vicchio, mentre Cesare era impegnato altrove a recuperare armi. Riuscirono poi a sfuggire al rastrellamento di marzo. Il successivo rastrellamento dell'Alto Casentino invece costrinse allo sbandamento la formazione, in questa occasione Alfredo e Franco Papini, da cui i Valobra non si erano mai separati, vennero presi e passati per le armi. I tre fratelli si salvarono ma furono costretti a riparare temporaneamente a Firenze.
Dante riesce a uscire da Villa Triste, sembra per intercessione del cardinale Elia Dalla Costa e a maggio riprende la vita partigiana su Monte Giovi insieme ai fratelli.
Portatisi sul Pratomagno l'otto di giugno entrano a far parte della Brigata Lanciotto.
A Cetica parteciparono alla difesa del paese, nella terribile battaglia Dante venne preso da una raffica di armi pesanti e ucciso sul posto assieme ad altri nove compagni.
I fratelli, pur scossi fino alla disperazione, non lasciarono la vita partigiana e continuarono la lotta, ricoprendo anche incarichi di comando, fino alla liberazione di Firenze.
A Dante Valobra è stata concessa la Stella Garibaldina.
[La progressiva organizzazione e l'asserragliamento dei partigiani sulle montagne fra il Valdarno e il Casentino valse alla zona il nomignolo di "piccola repubblica del Pratomagno", anche se si trattava di una realtà meno complessa rispetto alle vere repubbliche partigiane sul versante emiliano dell'Appennino.
Cetica, già da tempo interessata da attività partigiana, era una delle possibili vie di accesso alle montagne più alte e quindi era presidiata da alcuni distaccamenti della Brigata "Lanciotto".
L'alba del 29 giugno 1944 truppe tedesche, fra le quali unità di élite come uno dei battaglioni della "Brandemburg", e repubblicane salirono verso Cetica utilizzando avanguardie travestite da partigiani.
Scoperti a pochi chilometri dall'abitato iniziarono ad azionare i mortai e a convergere da più parti. Una squadra della II compagnia della "Lanciotto" viene accerchiata e annientata ma gli attaccanti si concentrano soprattutto nella demolizione delle case e in violenze sulla popolazione. I partigiani ricevono rinforzi dai monti e riescono a fermare i nazi-fascisti e infine a respingerli, salvando parte del paese ed il mulino.
Sulla via del ritorno i tedeschi verranno a loro volta attaccati dai partigiani di Lazio Cosseri che li avevano preceduti.
Alla fine della giornata saranno contati dodici partigiani e undici civili fra le vittime dell'attacco, gli aggressori avranno perso cinquantacinque soldati.
Cetica è ricordata come il primo deciso successo in battaglie di difesa, un tipo di azione inconsueto per i partigiani, e che soprattutto fu scuola per l'avvenire.]