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Croce di Guerra Documento
l 21 aprile 1936, l'VIII Censimento Generale della Popolazione del Regno e delle Colonie registra il dato più alto, in termini di popolazione, che il Comune di Pieve abbia contato nel corso della sua storia: 5753 abitanti dislocati attraverso i suoi 156 Km2 di superficie. Il clima, serenamente euforico, è spezzato dalla data del 10 giugno 1940: i giovani pievani sono chiamati alle armi e si disperdono fra i tanti fronti bellici: dalle Alpi Occidentali alla Jugoslavia, dall'Albania alla Grecia, all'Unione Sovietica, dalla Libia all' Africa Orientale. Dal giugno del '40 al settembre del '43 vestono la divisa dell'esercito italiano più di seicento soldati pievani: quarantasette, tra combattenti e imprigionati, non faranno più ritorno.
L'entusiasta accoglienza dell'Armistizio sfuma e svanisce nel dramma dell'occupazione tedesca. Nel dicembre 1943 raggiunge Pieve Santo Stefano un Commissario Prefettizio, che sostituisce il Podestà in qualità di rappresentante della Repubblica Sociale; sopra Valsavignone, si erigono gli apprestamenti difensivi della Linea Gotica. È l'Organizzazione Todt a dirigere i lavori e a reclutare forzatamente manodopera pievana.
La rottura della linea di Cassino pone Pieve Santo Stefano nelle immediate retrovie del fronte. I Tedeschi minacciano la popolazione, sequestrando il bestiame, taglieggiando i contadini, usando violenza sulle donne, dando una caccia spietata ai renitenti alla leva.
Nell'agosto del 1944, i Tedeschi procedono allo sfollamento coatto degli abitanti dal territorio comunale; i profughi partono alla volta di Rimini e Cesena, per poi raggiungere le città e i paesi della Valle Padana. Le truppe naziste si apprestano a resistere ad oltranza nel centro valtiberino, parte integrante degli avamposti della Linea Gotica. Nello specifico, è la sezione a nord del capoluogo a prestarsi benissimo alla difesa, in quanto la valle del Tevere, dal Pozzale in su, si restringe, formando un collo di bottiglia incassato tra le montagne.
Durante l'ultima settimana di agosto, tutte le case dei Pievani sono minate e fatte saltare in aria. Si salvano soltanto le chiese e un'ala del Palazzo Pretorio.
Il 31 agosto giungono i liberatori inglesi, che scrivono:
"The village of Pieve Santo Stefano, razed to the ground by the Germans. It seems impossible to find any motive for this deliberate destruction, unless it was that the Germans wished to deny cover to the very few British soldiers that would have stayed in the village as protection troops.".
Ai primi profughi ritornati non bastano le lacrime. Il paese riprende ufficialmente vita con l'insediamento, il 14 settembre, del Consiglio Comunale e l'elezione di Filippo Perugini alla carica di Sindaco. La rimozione delle macerie deve fare i conti con l'abbattimento de 99% degli edifici, la minacciosa e spesso fatale presenza di mine su 1200 ettari di territorio e la conta apocalittica di 35 persone trucidate dai Tedeschi e 76 dilaniate dalle bombe. Gli Inglesi arrivano a suggerire la ricostruzione del paese in zona pianeggiante più a sud rispetto al sito storico, ma il popolo oppone un netto rifiuto all'idea di abbandonare la storica Sulpizia. Il paese risorge dov'era, ma non com'era. L'antica planimetria è rispettata, ma lo stile rinascimentale dei palazzi si perde nelle linee dell'architettura contemporanea.

Con decreto presidenziale del 7 marzo 1957, il 13 aprile 1957 il Gonfalone di Pieve Santo Stefano viene insignito della Croce di Guerra al Valor Militare.
 
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