Aldo Ducci
Racconta i giorni della liberazione di Arezzo
[...]Allora ero un giovane ventenne, costretto dalla crudeltà dei tempi a scelte drammatiche e difficili, che mi avevano fatto crescere in fretta. La stessa cosa era per tutti i miei coetanei che - come me - hanno perso una stagione della vita e sono di colpo passati dall'adolescenza alla piena maturità. Così - giovanissimo - mi ero trovato a far parte del primo Comitato di Liberazione, durante il periodo badogliano e la prima fase dell'occupazione nazi-fascista, e fui chiamato a svolgere le funzioni di segretario dello stesso comitato subito dopo la Liberazione della città. Da quella posizione potei seguire, giorno dopo giorno, il disperato lavoro di coloro ai quali toccò il compito di rendere prima possibile il ripristino di condizioni di vita appena accettabili (l'acqua, il pane, il sale, la carne, la rimozione delle macerie che ostruivano molte strade della città), poi di porre le prime basi dell'opera di ricostruzione. Per tutti voglio ricordare la figura di Antonio Curina, direttore didattico, primo sindaco democratico di Arezzo, di Luigi Mascagni, vecchio socialista turatiano dall'immacolata coscienza, di Giovanni Ciarpaglini, che i lunghi anni di carcere non avevano indebolito nell'animo generoso, di don Onorio Barbagli, il battagliero parroco del «Circolino» di San Gimignano. Rinasceva, dopo l'orgiastica parentesi della dittatura fascista, la vita democratica. Si costituivano i sindacati, le cooperative, nasceva persino un giornale, che si chiamava l'«Informatore Aretino», di cui era direttore un valoroso parmigiano di fede ebraica, Arnoldo Funaro, che era stato membro del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) durante l'occupazione.
Si erano verificati in quei mesi, nella nostra città, due fatti rilevanti: la partenza da Arezzo di un forte contingente di giovani, molti dei quali ex partigiani, che si arruolarono nel risorto esercito italiano e combatterono poi valorosamente sul Senio, liberando AJfonsine. Si era avuto anche un durissimo confronto fra il CLN e il governatore inglese della città (aveva il suo ufficio nella sala dove oggi si riunisce la giunta della Provincia), sulla questione delle nomine alla testa degli uffici statali. Il governatore infatti, dopo aver dovuto subire la nomina del sindaco e della giunta municipale ad opera del CLN, si rifece nominando il prefetto e poi il questore, e poi i responsabili di tutti gli altri uffici, andandoli generalmente a pescare fra personaggi più o meno compromessi con il regime fascista. Dinanzi alle proteste sempre più forti del Comitato, il governatore reagì intimandone lo scioglimento e minacciando di procedere all'arresto dei suoi membri. Aveva evidentemente perso le staffe, e forse se ne accorse prima di compiere atti che sarebbero stati considerati come una gravissima provocazione e come il tentativo di applicare in Italia metodi di tipo coloniale, quei metodi ai quali probabilmente si era affezionato durante lunghi anni di servizio di occupazione militare nei possedimenti dell'impero britannico, giunto ormai alla soglia della dissoluzione.
Furono comunque mesi difficili, durante i quali però non mancarono persino iniziative culturali e politiche originalissime e di grande successo, basate sul principio della più ampia partecipazione popolare, come il Centro di orientamento sociale ispirato da Aldo Capitini e l'università popolare, retta dal mio carissimo maestro ed amico Carlo Salani. Ma la guerra ancora continuava durante tutto l'inverno 1944-1945, a non grande distanza dall'Aretino, lungo la linea gotica. Tutti i giorni passavano nel cielo enormi formazioni aeree che portavano al Nord il loro carico di distruzione e di morte. Per due volte poi Arezzo, in quei mesi, subì anche attacchi aerei tedeschi, modestissimi certo in confronto a quelli ai quali ci eravamo in precedenza abituati. Così, quando dalle nostre sfrigolanti radio cominciarono a giungere prima le notizie dell'offensiva finale - su tutti i fronti -degli Alleati, poi quelle della vittoriosa insurrezione del Nord, esplose l'entusiasmo della gente. Cadeva per sempre il fascismo, anche quello dell'ultima odiosa versione di Salò; finiva in modo nibelungico l'atroce e folle regime hitleriano. L'incubo era finito. La pace finalmente tornava, la pace attesa, sognata, sperata per tanti mesi ed anni di fame, di sofferenza, di terrore, di distruzioni.
Questi sono i ricordi miei di quei giorni. Giorni memorabili, che mi hanno formato nelle convinzioni e nel carattere; giorni che continuo a ritenere fra i più difficili, ma esaltanti e ricchi di futuro e di speranza della mia vita.
Aldo Ducci, Per un avvenire migliore, a cura di Luca Berti, Arezzo, PAN, 1997
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